venerdì 15 giugno 2012

Che futuro farà?

 


Il futuro di una volta non c’è più. Siamo un paese di impauriti.
Presto le rubriche televisive e giornalistiche sul tempo saranno
sostituite da quelle sul futuro.
Che futuro farà? Previsioni valide tre giorni, massimo una settimana.
Alle previsioni di spostamenti di aria fredda o calda, di temporali o di schiarite
si sostituiranno i mal di pancia di Angela Merkel, il buonumore di Mario Monti, gli andamenti dello spread, i prezzi delle materie prime, dell’oro e di ogni altro più vil metallo.
E il tempo? Ma chi se ne infischia più del tempo. Non ci sarà più dove
andare. A che serve sapere se il prossimo fine settimana sarà assolato
o farà brutto.
Alla gente interessa soltanto sapere se il futuro sarà quello di una volta,
se cioè si potrà guardare con fiducia verso avanti, deponendo in cantina la paura.
Come sarà dunque il domani?
Gli analisti di turno, che intanto avranno sostituito i più credibili meteorologi,
incominceranno ad interrogarsi e a gettare nello sconforto più
totale la gente. La quale a sua volta si chiederà più smarrita che mai:
-         Fra un mese l’euro ci sarà ancora?
-         Debbo ritirare dalla banca quei quattro risparmi?
-         Riuscirò a salvare il posto di lavoro o la pensione?
-         Ce la farò a pagare il mutuo della casa o se la prenderà la banca?
-         Riuscirò il prossimo mese a dare ancora da mangiare ai miei figli?
Queste sono le domande più ricorrenti, pensando al futuro.
Altro che filosofia e scenari a lungo e breve termine su possibili sviluppi,
cui periodicamente le aziende e i governi si abbandonavano fiduciosi.
Omai i tempi della speranza o della disperazione si sono accorciati.
Il futuro è  domani mattina, quando si apriranno le borse del lontano Oriente.
O la prossima settimana quando i ministri dell’economia si riuniranno a Bruxelles,
per decidere le sorti dell’euro e conseguentemente dell’unità europea.
Fin quando l’Europa non sarà vista dall’esterno, da un altro continente,
come uno Stato unitario, la sua esistenza sarà sempre più fittizia.
Gli stati che la compongono si sentiranno sempre più smarriti e deboli,
perché saranno chiamati ad adeguarsi ad un modello di stabilità economica
e finanziaria che non possiedono.
C’è qualcosa di storto nell’edificio di questa casa comune. Qualcosa che non sta più funzionando. Una volta c’era la speranza del Mercato comune, un ombrello che ci avrebbe riparato tutti. Oggi c’è la paura di essere retrocessi nella miseria, senza speranza.
Che futuro farà, dunque, fra una settimana, fra un mese?
Il futuro di una volta, le lunghe previsioni di sviluppo e di stabilità economica non esistono più. Il futuro di oggi è diverso. Fa paura.

giovedì 14 giugno 2012

E' morto Ray Bradbury



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Ray Bradbury, l’autore di Fahrenheit  451, è morto il 6 giugno, nella sua casa di Los Angeles, all’età di 91 anni, 71 dei quali spesi a scrivere ininterrottamente tutti i giorni. A cottimo, come fa intendere il suo biografo Sam Weller.

La sua passione infatti fu scrivere e lo fece ogni giorno senza mai mancare l’appuntamento con la machina da scrivere. La letteratura fu il suo pane quotidiano.
“Non ho passato un solo giorno della mia vita – confessava ad un giornalista che l’intervistava – senza leggere o scrivere qualcosa”.
A questa ricetta semplice da annunciare, difficile da esercitare aggiungeva:
“Bisogna riempire i propri occhi di meraviglia, cercare sempre cose nuove, esplorare il mondo come se si avessero davanti solo dieci minuti di vita. Il mondo, da questa prospettiva, è più fantastico di qualsiasi sogno”.
Ma Ray Bradbury, con la stessa forza con cui  puntava l’occhio nella realtà, sapeva volgere la fantasia verso mondi immaginari e raccontarli ai suoi lettori come pochi hanno saputo fare.
Non amava definirsi scrittore di fantascienza, nonostante avesse scritto un libro fantascientifico, Fahrenheit 451, pubblicato nel 1953.
“Sono uno scrittore di miti” amava dire. Secondo lui infatti i miti greci e quelli romani altro non sono che delle metafore della vita, nelle quali l’uomo non cessa mai di riconoscersi.
Con i suoi numerosi romanzi, racconti e sceneggiature ( si calcola che l’insieme della sua produzione letteraria superi le 3000 opere), Bradbury ci ha fatto viaggiare nel tempo e nello spazio. Ci ha raccontato il futuro con grande disinvoltura, immaginando cose incredibili, che nel tempo sono diventate realtà. Egli aveva capito, meglio di altri scrittori, l’evoluzione delle tecnologie e  come esse ci avrebbero cambiato la vita.
In Fahrenheit451,uno dei suoi romanzi più noti (François Truffaut nel 1966 ne ricavò un film), anticipò in tempi non sospetti l’era dominata dalla televisione, dei mega schermi al plasma e di tutte quelle diavolerie tecnologiche portatili, di cui oggi sono piene le nostre tasche e le nostre case.
L’attualità del libro è anche legata ai temi della censura e  delle dittature  che pensano di poter controllare il pensiero umano, decidendo cosa i cittadini possono leggere e cosa no.
Bradbury, mentre scriveva con angoscia dei roghi di libri, ricordando quelli nazisti, sentiva puzza di bruciato in casa sua, nell’America di Mc Carthy, che stava facendo vivere un brutto momento alla sua gente e alla democrazia. Non fu facile pubblicare il libro. Tutti gli editori che contattò si rifiutarono di trattare quella merce, che a loro parere scottava.
Finché non fu contattato da un giovane e squattrinato editore, pieno di coraggio, che poteva spendere soltanto 400 dollari per pubblicare sulla sua nuova rivista i primi capitoli di Fahrenheit 451. Accettò. Quella rivista si chiamava Playboy.
Il grande scrittore, oltre che per quel capolavoro, è ricordato universalmente per
“Cronache marziane”,una raccolta di storie ambientate sul Pianeta rosso, e” L’uomo illustrato”, una raccolta di tredici racconti, che si sviluppano a partire da un personaggio ermetico e inquietante. Il suo corpo è interamente  ricoperto di illustrazioni, che di notte si animano come un formicaio, che non lo lascia dormire. Dai suoi libri sono stati tratti  film, opere teatrali, serie televisive e sceneggiature.
Dietro questi successi c’era una regola, che Bradbury non dimenticò nemmeno quando fu costretto a stare su una sedia a rotelle e a limitare il suo lavoro a solo tre ore al giorno. L’aveva trovata a vent’anni in un libro di Somerset Maugham: ”Non andare a destra o a sinistra. Guarda dritto davanti a te, finisci il tuo lavoro, divertiti lavorando, fai quello che vuoi fare e non quello che altri vogliono che tu faccia”.
 Il giovane scrittore la seguì alla lettera, aggiungendovi qualcosa di suo: “Le cose che fate dovrebbero essere le cose che amate, e le cose che amate dovrebbero essere ciò che fate”.E il successo fu assicurato.















































mercoledì 9 maggio 2012

PCST 2012 - L'ARTE DI DIVULGARE LA SCIENZA

PCST 2012 -

L’ARTE DI DIVULGARE LA SCIENZA


Comunicare la scienza è una sfida e insieme un dovere della nostra società. Tocca al divulgatore comunicarla in maniera naturale e con semplicità.

Su questi ed altri concetti, che includono Qualità, Onestà e Bellezza  ha preso il via la dodicesima Conferenza internazionale del PCST (Public
Communication of science and technology) che si è tenuta a Firenze dal18                                al 20 aprile.
Con la scelta di Firenze, preferita a Londra, quale sede dell’importante convegno che si tiene ogni due anni in una capitale del mondo, si è voluto sottolineare il profondo rapporto che lega il capoluogo toscano con l’arte, l’estetica e la scienza.
L’interesse per i temi scientifici da parte del pubblico è cresciuto in questi ultimi anni in maniera esponenziale, grazie alle opportunità offerte dalla Rete e all’apertura degli istituti di ricerca ad attività destinate a studenti, giornalisti e appassionati.
A dare il via alla Conferenza, che ogni volta raduna scienziati , ricercatori e divulgatori scientifici provenienti da più di 50 nazionalità, sono state tenute tre lezioni magistrali.
Il primo ad intervenire è stato Piero Angela, una colonna della divulgazione scientifica del nostro paese, il quale ha ricordato che non basta essere semplici, occorre saper catturare anche l’attenzione dello spettatore, stimolando le sue emozioni.
Secondo Angela l’induzione emotiva migliora la capacità ricettiva del nostro cervello e lo mette in condizione di “restare acceso”, per memorizzare le informazioni.
In sostanza bisogna invadere emotivamente con immagini e  suono quella parte del cervello che si “accende” quando sperimentiamo la bellezza.
Di queste reazioni neurologiche si è occupato il secondo relatore, il professore Semir Zeky, fondatore della neuroestetica allo University college di Londra, autore di
“La bella e la bestia: Arte e neuroscienze – Laterza.
Cosa succede al nostro cervello quando sperimentiamo la bellezza, guardando un’opera d’arte, un paesaggio o ascoltando della musica? Si attivano diverse aree della materia grigia ed anche una piccola regione della corteccia frontale che è la stessa   che si “accende” quando ci si trova in presenza di una persona amata.
Queste reazioni, osservate sperimentalmente su un elevato numero di persone, hanno fatto registrare un aumento del flusso sanguigno nella corteccia medio orbitale, che è l’area che presiede al piacere e al desiderio. Stando così alle ricerche del professore
Zeky, l’arte induce in chi l’osserva una sensazione di benessere. Essa eleva lo spirito e il fatto che contribuisca al benessere anche del fisico e della mente dell’uomo  non è più una credenza, ma una verità scientifica.
E’ toccato al professore Gianni Bignami, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica chiudere l’opening ceremony. Egli si è soffermato sull’importanza della corretta presentazione dei risultati scientifici . Gli equivoci, quando si tratta di comunicare delle scoperte scientifiche, sono sempre all’ordine del giorno. E questo non giova alla salute della divulgazione scientifica, che ha lo scopo di far condividere
la gioia della creazione scientifica al numero più alto di persone. Senza trucchi e senza retorica.

giovedì 26 aprile 2012

I SEGRETI DEL NEUTRINO

I SEGRETI DEL NEUTRINO
IN UN LIBRO DI FRANK CLOSE


“Di tutte le cose che costituiscono l’Universo le più comuni e insieme le più bizzarre  sono i neutrini”. Inizia così, come una favola, il libro che Frank Close, fisico teorico dell’università di Oxford, ha dedicato alla particella elementare più pazza della Fisica, (“Il Neutrino” – Raffaello Cortina).
Si tratta della “cosa più vicina al niente che esista”, così l’ha definito, quasi un fantasma, ma che da mezzo secolo fa parlare di sé, come in questi giorni in cui la sua presunta superiore velocità rispetto quella della luce è stata definitivamente negata.
 “Dove eravate il 3 febbraio 1987, alle 7,30 di Greenwich?- Ci
chiede Close in uno degli ultimi capitoli del suo libro - Io stavo facendo colazione, intanto senza che me ne accorgessi un potente scroscio di neutrini attraversava i miei cornflake”. Quel mattino di febbraio l’ondata di neutrini che investì letteralmente il nostro Pianeta proveniva dall’esplosione di una stella morente, lontana 170.000 anni luce, nella grande Nube di Magellano. Ma non ce ne siamo accorti.
Di taglia piccolissima e di massa pressoché nulla, i neutrini, precisa Close, sono quasi inafferrabili.
Osservati soltanto a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ancora oggi sfidano la nostra comprensione, nonostante siano i mattoni più comuni dell’Universo. Essi infatti si producono spontaneamente nei processi radioattivi sulla Terra, nei reattori nucleari, nelle spettacolari esplosioni che avvengono nel Cosmo e soprattutto nella fornace del Sole, che emette in pochissimi secondi più neutrini di quanti granelli di sabbia ci siano nel deserto e nelle spiagge di tutto il mondo.
 Si tratta di una germinazione spontanea, che avviene nel momento in cui i nuclei atomici radioattivi si trasformano in altri atomi, dando origine al cosiddetto “Decadimento beta”, come lo chiamò il suo scopritore e  teorizzatore, il grande fisico viennese Wolfgang Pauli, nel 1930.
Egli fu il primo ad accorgersi che in tale processo avveniva una vera e propria”trasmutazione” da un elemento ad un altro, che ricordava i processi alchemici. Una mutazione che avveniva senza    alcuna causa, scaturente dalla natura della sua globalità, dando origine ad una particella non preesistente nel nucleo “più di quanto un latrato preesista in un cane”.

Il libro di Close, di facile lettura anche per i non addetti ai lavori, racconta le delusioni e i successi imprevisti di tutti coloro che si sono lanciati in una caccia a volte caparbia, per riuscire a catturare questa preda sfuggente e carpirne i segreti.
 La scoperta di Pauli fu poi confermata sperimentalmente anni dopo da Enrico Fermi, che le diede un nome. Dapprima la chiamò “piccolo neutrone”, per differenziarla dal neutrone vero e proprio, in seguito col nomignolo di “neutrino”. E quando Fermi tentò di pubblicare un articolo sull’argomento, uno dei pezzi più importanti di fisica teoria scritti dal grande scienziato, inviandolo alla principale rivista scientifica in lingua inglese, Nature, se lo vide rifiutare dal direttore, perché gli era stato comunicato che conteneva speculazioni troppo lontane dalla realtà. “Una cinquantina d’anni dopo, il comitato direttivo avrebbe ammesso che quella fu la più grande cantonata che la rivista avesse mai preso.(Nella foto, Wolfgang Pauli).

lunedì 23 aprile 2012

Giornata Mondiale della Terra - 22 aprile

Dove ci porta il cosiddetto sviluppo?

Sono 175 i paesi che nel mondo celebrano il 22 aprile la Giornata Mondiale della Terra. Siamo giunti alla quarantaduesima edizione dell'Earth Day, per difendere l'ambiente, ma soprattutto per ricordare che un miliardo di persone nel mondo non hanno cibo, né acqua a sufficienza. E un altro muiardo e mezzo è senza elettricità.

Salviamo il Pianeta, salviamo madre Terra! Ma come?
I futurologi di turno s'interrogano, si chiedono dove va lo sviluppo. Quale prezzo ecologico c'è da pagare. Cosa bisogna fare per uscire dallo sviluppo che produce ricchezza soltanto per pochi. Il divario tra gli individui più ricchi e quelli più poveri tende ad allargarsi. E' proprio questo tipo di sviluppo che inquina la natura, "perché non la rispetta  allo stesso modo in cui non rispetta gli individui". A dire questo è un antropologo, che di futuro se ne intende, Marc Augé, l'autore di "FUTURO", pubblicato recentemente da Bollati Boringhieri. Secondo lui è il motore del sistema che va cambiato e per fare questo occorre una lucidità che soltanto l'istruzione ci può dare. E' la formazione che mette in moto energie  non inquinanti. Le energie dello spirito e della conoscenza. E' questa la via di salvezza di noi tutti e della Terra. L'istruzione estesa a tutti gli strati della popolazione. E' essa l'arma potente per padroneggiare tutti gli aspetti della crescita; per ripensare il nostro rapporto con  la natura.
E' dunque ancora una volta l'istruzione la grande leva  della società, capace di cavare da se stessa le migliori energie per garantire a tutti un mondo migliore e un modo diverso di combattere l'impoverimento della nostra società.
La miseria culturale si è già imposta da diversi decenni attraverso il dominio delle televisioni commerciali e dei loro padroni. Oggi misuriamo l'estensione di quesa iattura in termini di ignoranza, rilassatezza dei costumi
e perdita dei valori. Si tratta di una vera e propria espoliazione che dall'uomo si estende all'ambiente, alla natura, alla Terra che viene ogni giorno impoverita e defraudata.
E' ora di dare un segnale forte, di reagire, di aprire gli occhi, di pensare  nuovi progetti di sviluppo che non escludano l'uomo.


martedì 7 febbraio 2012

David Hockney












 

DAVID HOCKNEY ALLA ROYAL ACADEMY OF ART DI LONDRA


 CELEBRA IL RITORNO DELLA PRIMAVERA




“L’arrivo della primavera non si può celebrare con un solo quadro”, dice David Hockney, il più grande pittore vivente (come l’ha definito la stampa inglese), che dal 21 gennaio espone alla Royal Academy di Londra fino al 9 aprile.
E così ne ha prodotti 52, mobilitando, com’è sua consuetudine, tecniche e tecnologie più all’avanguardia.
Questa volta è stato l’iPad, “ con un’aplication che costa appena 8 sterline”,  Brushes, spiega Hockney, ma che ti permettere di dipingere con le dita sullo schermo, facendo il pennello grosso e quello fino e mescolando a piacere il colore”.
“The arrival of spring in Woldgate, East Yorkshire, in 2011”, sotto questo titolo che annuncia l’arrivo della bella stagione nel paese dove  è nato 74 anni fa, Hockney ha catalogato i suoi enormi quadri fatti sull’iPad, 51 stampe, raffiguranti paesaggi alberi e cespugli, visti da vicino, quasi per scrutarne la crescita, dominati da un immenso quadro ad olio, il 52°, posto in fondo alla sala che li abbraccia e comprende tutti.
Sono paesaggi inconfondibili, di una grandezza impressionante, quasi due metri per cinque, prodotti con la tavolozza tecnologica, sulla quale l’estro creativo si è librato oltre ogni aspettativa.
Il tessuto coloristico è sofisticato e scaltro, a volte esplosivo, a volte leggero e infantile, mai naife come vuole apparire. Non dimentichiamo che Hockney è stato uno dei maggiori esponenti della Pop art inglese, abituato ad inquadrare con ironia la vicenda dell’uomo cittadino entro le quinte di un falso teatrino.
Ma qui siamo lontani da quella stagione. C’è di mezzo la sua lunga permanenza nella California del Sud, oltre trent’anni, dove ha dipinto tante piscine delle ville californiane e  dove ha vissuto e convissuto una lunga relazione con la tecnologia applicata alla sua pittura.
In principio fu la Polaroid, con la quale realizzò i suoi celebri collage fotografici, per passare in seguito a fotocopiatrici e stampanti, le grosse Xerox a colori appena uscite nel 1985.
Nel 1987 sperimentò Quantel Paintbox e a seguire, sempre attento alle novità, nel 1991 disegnò con Apple Macintosh, con qualche problema sulla velocità dell’esecuzione del disegno.
Con l’uscita di iPhon e dell’iPad, Hockney ha potuto buttar via il blocco per gli schizzi e le matite: il disegno e la scelta dei colori ora sono diventati istantanei e si possono cancellare come non è possibile fare sulla tela, con un semplice movimento delle dita. Ma dipingere su iPad non è così facile come l’artista fa intendere. La tecnologia c’è, ma i risultati hanno a che fare con le capacità artistiche, la padronanza del disegno e la grande dimestichezza con l’uso delle tecnologie.
“Ho passato trent’anni in California, dove la primavera è breve, quasi non te ne accorgi, è sempre estate da quelle parti, così tornare a casa ha avuto un grande impatto visivo” – E Hockney l’ha voluta raccontare non soltanto disegnando e dipingendo, ma anche filmandola con 9 telecamere fissate alla sua jeep, per riprendere il paesaggio nel trascorrere delle stagioni nei campi, nei boschi e nei vialetti che circondano la casa della sua infanzia. Quelle immagini trasferite in video digitali in alta definizione scorrono ora su 18 schermi, come quadri viventi per  mostrare il susseguirsi delle stagioni nella campagna dello Yorkshire  e offrire allo spettatore una visione spettacolare dell’evento.
Una mostra mozzafiato, l’ha definita qualcuno, perché acanto agli enormi
quadri che annunciano l’arrivo della primavera, altre opere si sono aggiunte, provenienti da collezioni inglesi e internazionali e tra esse c’è anche il gigantesco “A Bigger Grand Canyon”(1998), realizzato con l’incredibile numero  di 60 tele accostaste.
Il miracolo di questa mostra si è potuto realizzare perché la Royal Academy of Art, dispone di spazi espositivi immensi.
 Riusciranno il Museo Guggenheim di Bilbao e il Museo Ludwing di Colonia, coorganizzatori della mostra con la prestigiosa istituzione inglese, ad ospitarla, quando si sposterà rispettivamente nei loro spazi dal 15 maggio al 30 settembre e dal 29 ottobre del 2012 al 4 febbraio 2013?
( Francesco Prestipino).




lunedì 16 gennaio 2012

Perché Saf @ ri




Il nome di questo blog contiene il programma di ciò che vuol essere.
Safari vuol dire "escursione naturalistica", più precisamente in lingua swahili (la lingua ufficiale dell'unione africana) significa "lungo viaggio", con l'obiettivo di avvistare e cacciare fauna selvatica.
All'idea di caccia si associa in tempi moderni il "safari fotografico" o "fotosafari", col chiaro intento di riprendere l'inedito naturalistico nel suo ambiente, associando divertimento e avventura.
E' un po' questo l'obiettivo del blog.

Saf @ ri ha anche un'altra  valenza significativa: "saf" sono le iniziali di "scienza arte futuro" e "ri" le iniziali di "ricerca & innovazione" il bimestrale che si è pubblicato a Torino per  più di 20 anni e che ora in qualche modo rivive stando sullo sfondo di questo blog.
Il territorio di caccia ovviamente si riferisce ai temi sopra indicati. E' molto interessante e impegnativo e per quanto riguarda lo stile ci atterremo al consiglio che Cechov dava al nipote a proposito di cosa e come scrivere:
"Prendi qualcosa dalla vita reale d'ogni giorno, senza trama e senza finale". E poi "non forbire troppo, sii sgraziato e audace. La brevità è la sorella del talento".
Questo consiglio vale anche per chi scrive in rete, un non luogo, dove chi si affaccia per un attimo su un testo vuole essere catturato all'istante, pena il sorvolo alla velocità di un clic.